Michela Mayer si è laureata in Fisica presso l’Università La Sapienza di Roma, e ha insegnato in una delle prime scuole sperimentali degli anni ’70: il Liceo Unitario Sperimentale – LUS – della Bufalotta.
Ha svolto attività di ricerca e formazione insegnanti presso il Laboratorio di Didattica delle Scienze, e in quegli anni, anche attraverso le 150 ore, è nato il suo impegno ambientalista. Distaccata presso il CEDE – Centro Europeo dell’Educazione (ora INVALSI) – ha ottenuto, sotto la guida di Aldo Visalberghi, il titolo di Dottore di Ricerca in uno dei primi Dottorati in Pedagogia Sperimentale, con una tesi su Conoscenza Scientifica e Conoscenza di Senso Comune.
Negli anni ’90 un progetto dell’OCSE – il progetto ENSI, Environment and Schools Initiatives – l’ha scaraventata nel mondo dell’Educazione Ambientale e della Ricerca Azione. Sgambetto della sorte dal quale non si è più risollevata.
Nell’ENSI e per l’ENSI ha continuato a lavorare fino al 2015 anche come Presidente e membro del Comitato Direttivo. Questo suo ruolo le ha permesso di girare l’Italia in cerca di maestri, come Laura Conti e Marcello Cini, di esperienze esemplari, che ha sempre trovato e cercato di diffondere, e di compagni di viaggio con cui continua a condividere sogni ed esperienze. L’Educazione Ambientale, e poi alla Sostenibilità, l’ha anche portata a svolgere seminari, progetti e ricerche non solo in Europa ma in paesi lontani come la Corea o la Colombia. In Guatemala è invece capitata per caso, coinvolta in un progetto di ‘cooperazione orizzontale’, il progetto Semillas de Amistad, di scambio tra maestri italiani e maestri del Guatemala, che ha avuto in Franco Lorenzoni il principale animatore, e che è andato avanti per ben 10 anni.
La valutazione è un altro dei suoi interessi, anche prima che il CEDE diventasse INVALSI: si è occupata del PISA – Project for International Student Assessment dell’OCSE– fin dalla sua prima ‘somministrazione’ nel 2000, entrando anche a far parte del gruppo Internazionale di esperti che ha definito il framework delle materie scientifiche e ha collaborato alla scelta definitiva degli item nel 2006.
Il progetto RSP le ha permesso di mettere assieme i suoi interessi principali: una visione della scienza ‘post-normale’, l’educazione sostenibile e trasformativa, la valutazione come strumento per costruire il cambiamento. Sei anni lunghi, e a volte faticosi, ma ben spesi.
«La società buona (…) dovrebbe rendere i propri membri liberi: non solo liberi in senso negativo, cioè non obbligati a fare ciò che non vorrebbero fare, ma liberi in senso positivo, cioè in grado di usare la propria libertà per poter fare delle cose (…) capaci di influire sulle proprie condizioni di vita, di elaborare il significato di “bene comune” e di rendere le istituzioni della società conformi a quel significato» (Zygmunt Bauman, “La solitudine del cittadino globale”, 2000)
Iscriviti subito!
Le iscrizioni sono chiuse